Prospectus pharmaceuticus seu Antidotarium mediolanense Il Prospectus Pharmaceuticus rappresenta fra gli antidotari un'opera tarda rispetto alle altre opere come il Codice Farmaceutico della Repubblica della Serenissima o il Ricettario Fiorentino. La Farmcopea milanese fu voluta fortemente da Onorato Castiglioni Regio Protofisico di Milano appartenente alla famiglia de' Castiglioni di Monteruzzo. Autore : Collegij Nobilium Physicorum mediolanensis su decreto di Gianonorato CastiglioniEditore : Ioannes Baptistam FerrariumAnno di pubblicazione : 1668 Milano Approfondimenti Prospectus Pharmaceuticus Mediolanensis Fra le Farmacopee tardive del XVII secolo si annovera l'Antidotario Milanese che venne pubblicato, per la prima volta, nel 1668 sotto il nome di Propsectus Pharmaceuticus. Il ricettario fu ordinato dal Senato e dal Collegio de' Nobili Fisici dello Stato di Milano, ma la realizzazione fu a cura e vantaggio del Regio Ducale Protofisico Giannonorato Castiglioni membro della famiglia de' Castiglioni da Monteruzzo nella quale, per privilegio, non solo si trasmetteva la carica di Regio Ducale Protofisico, ma anche l'autorità a pubblicare la Farmacopea di Stato per tre generazioni. La laboriosa opera, come appare da una lettera inserita nella rarissima pubblicazione di Alessandro Maderno dal titolo "L'apparato dell'Elixir di vita et acqua triacale", fu il frutto del lavoro particolare di due " persone perite e di valore" alle quali l'eccellentissimo Giannonorato Castiglioni affidò il compito di prepararne il contenuto. Il Maderno, speziale collegiato di Milano in Porta Romana, nella lettera inidirizzata ai cortesi lettori, esalta l'impegno e l'affaticamento di Andrea Blasio, Prefetto della Spetiaria dell'Ospedale Maggiore della città di Milano e del suo sforzo, dopo la morte del Blasio, per portare à perfettione il Prospectus. La Farmacopea, oltre all'edizione del 1668, ebbe due altre edizioni (1698 e 1729) sempre curate dai discendenti della famiglia Castiglioni. Il figlio di Giannonorato, Branda Castiglioni, nell'intento di aggiornare quanto fece il padre, svelò l'inutilità di alcuni finti liquori dandone alla luce de più sinceri e meno nocivi e suo figlio, che poratva lo stesso nome dell'avo, pensò di dare ai moderni archiatri indicazioni per detenere l'officina farmaceutica e preparare sempre più efficaci medicamenti chimici. Così, assieme alle indicazioni per la Farmacia spagirica, tradotta dalla famosissima opera di Nicolò Lemery Course de Chimie, furono inseriti i trattati degli estratti, dei sali, degli spiriti e dei belletti e, in una specie di appendice, il discorso sulla tintura dei coralli rossi e dell'Alkaest, solvente universale dell'Oro potabile. Nel trattato appervero anche monografie sulla China-China, sul Thè, sulla cioccolata e sul Caffè. Assieme a tutte queste indicazioni furono anche dettate, in rigide ricette, le regole per imbalsamare i cadaveri, per preparare acque odorose e altri cosmetici. In Milano all'epoca erano due gli elaboratori chimici di grande fama; il primo era la ditta Pulciani e Costantino Merlo, vicino alla Chiesa di san Dalmazio e il secondo Giuseppe Videmari in Piazza S. Fermo. Nello Stato ne esisteva un terzo che godeva della pubblica raccomandazione ed era Francesco Salimbeni speziato collegiale in Pavia. Note dell'Autore