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Nouveau Traitè de la Theriaque

La Teriaca fu certamente fra tutte le preparazioni antiche la più importante e la più celebre. La storia di questa preparazione, considerata una panacea universale, ha un posto d'estremo rilievo nella storia dei farmaci e della farmacia. Per tutto il Medioevo, la Teriaca, fu oggetto di fruttuosi commerci da parte di pharmacopoli . Fra di loro molti erano ciarlatani di pochi scrupoli che la vendevano imbonendo i loro clienti con parole eloquenti e falsificandola in parte o completamente. Nel tentativo di arrestare questi illeciti commerci nel V secolo, l'Imperatore Teodoro, escluse tali rivenditori dalle funzioni pubbliche e, nel VI secolo, con una breve del Papa Pelagio II e diversi decreti conciliari, l'arte della spezieria fu proibita. A partire dal medesimo momento i monaci iniziarono, nei loro eremi e conventi, l'attività  di preparatori di farmaci.

Autore : Christophle De Jussieu
Editore : Etienne Ganeau
Anno di pubblicazione : 1708 Trevoux

Approfondimenti

La Teriaca

Da Mitridate alle spezierie La Teriaca fu certamente fra tutte le preparazioni antiche la più importante e la più celebre. La storia di questa preparazione, considerata una panacea universale, ha un posto d'estremo rilievo nella storia dei farmaci e della farmacia. Per tutto il Medioevo e il Rinascimento, la teriaca ebbe un ruolo sostanziale nello sviluppo delle "spezierie" di molte città  italiane dove fu preparata in copiosa quantità  soddisfacendo le richieste provenienti da tutta l'Italia e dall'estero. Per secoli essa non subì oblio e fu considerata fino al XVIII secolo un rimedio eccellente. Solo verso la fine del XIX secolo fu abbandonata gradualmente. La composizione dell'elettuario prevedeva una ricetta molto complessa dove sostanze antisettiche erano miscelate con tonici e stimolanti la cui azione era, successivamente, temperata dall'oppio e dai diuretici come la scilla. La complessità  del rimedio aveva anche il significato di accrescere le proprietà  terapeutiche dell'antidoto rendendolo universale per combattere qualsiasi male imprevisto o sconosciuto. Certi elettuari contemplavano, in funzione alla loro composizione, un periodo di maturazione in cui si concludevano alcune reazioni chimiche, fra cui la fermentazione, che ne modificavano la consistenza e il gusto facendo si che il preparato acquistasse tutte le proprietà  prima dell'utilizzo. La storia Il nome deriva dal vocabolo greco therion usato per chiamare la vipera e o gli animali velenosi in genere. In origine il suo principale uso fu quello di combattere i veleni e, in particolare, le sostanze letali iniettate per la morsicatura di fiere velenose come appunto la vipera. La ricetta più famosa dell'antidoto fu quella di Andromaco il Vecchio che seppe ricostruire dalla ricetta del Mitridato , l'aggregazione delle spezie. L'aggiunta della carne di vipera fu concepita, secondo una leggenda, dallo stesso Andromaco. La leggenda riguardava la sconfitta della flotta navale romana ad opera di Annibale che, per sopraffare il nemico, fece gettare sulle navi vasi contenenti vipere che ricoprirono il ruolo di arma letale. I generali romani, per evitare simili sorprese, chiesero, all'Imperatore Nerone, di far cercare un antidoto capace di intervenire in tutti i casi di morsicatura da animali velenosi e ciò portò, Andromaco il Vecchio, ad aggiungere la carne di vipera alla Teriaca pensando di migliorarne le proprietà  alessifarmache. In realtà  la Teriaca fu solo un'evoluzione del Mitridato che conteneva più di quarantasei sostanze differenti. La Teriaca dal Medioevo al XVII secolo Per tutto il Medioevo, la Teriaca, fu oggetto di fruttuosi commerci da parte di pharmacopoli . Fra di loro molti erano ciarlatani di pochi scrupoli che la vendevano imbonendo i loro clienti con parole eloquenti e falsificandola in parte o completamente. Nel tentativo di arrestare questi illeciti commerci nel V secolo, l'Imperatore Teodoro, escluse tali rivenditori dalle funzioni pubbliche e, nel VI secolo, con una breve del Papa Pelagio II e diversi decreti conciliari, l'arte della spezieria fu proibita. A partire dal medesimo momento i monaci iniziarono, nei loro eremi e conventi, l'attività  di preparatori di farmaci. Così, dall'ottavo al XIV secolo, la farmacia divenne una delle arti più rinomate. Il medico arabo Avicenna dedicò, allo studio dell'antidoto, molto tempo riconoscendo al preparato virtù eccezionali in funzione del grado d'età  della preparazione. Scienziati arabi e monaci eruditi s'interessarono alla Teriaca per molti anni e ciò è testimoniato dall'esistenza di vari testi medioevali in cui si incontra la parola triaculum o triaca. Guillame di Tiro, lo storico delle Crociate, morto alla fine del XII secolo; parla della Triaca come un rimedio essenziale contro le morsicature delle bestie velenose riprendendo quanto era stato in precedenza affermato sulle sue qualità . Altri, come Nicola Mirespo, fecero elogi calorosi al preparato Tiriaca raccomandando di usare quella conservata in vasi di vetro da almeno dieci anni. Anche il Re, Carlo VI, elogiò pubblicamente il preparato che, sembrerebbe, conservasse costantemente su di lui in un'ampolla d'argento. Nel XV secolo i venditori di Teriaca furono, ancora, confusi con coloro che esercitavano pratiche magiche e ciarlatanesche, ma il preparato, non perse la sua fama rimanendo il rimedio sovrano fra tutti quelli allora disponibili. Le preparazioni pubbliche dell'antidoto La prima preparazione pubblica della Teriaca sembra risalire ai tempi di Galeno. Gli imperatori romani, dopo aver fatto arrivare tutti i costituenti dell'elettuario, disponevano queste preparazioni in pubblico per convincere, i clienti più ricchi, della bontà  del meraviglioso rimedio. La tradizione fu interrotta per alcuni tempi, ma come rapidamente sparì altrettanto fu ristabilita. In Italia, dove i veneziani avevano acquisito la reputazione di essere gli unici e veri detentori dei segreti della preparazione della Teriaca, la preparazione pubblica riprese all'inizio del XVI secolo e proseguì fino alla fine del XVIII. A Venezia avveniva, alla presenza di Priori e Consiglieri, sulla Riva degli Schiavoni all'inizio di Maggio, mentre a Bologna, coram populo, nella corte dell'Archigimnasio, mentre a Pisa e Firenze nelle pubbliche piazze alla presenza di spezieri, medici e autorità . La Teriaca godeva, così preparata, di un certificato d'origine in cui, lo speziere preparatore, dichiarava con una certa formula di aver preparato il medicamento nella piazza di "¦.. alla presenza delle autorità  "¦.. e di aver strettamente esaminato e approvato le eccellenti materie prime per il composto. In una seconda parte del Certificato si attestava l'iscrizione dello speziere al Collegio della Città , l'approvazione dell'iscrizione al Collegio da parte delle autorità  sanitarie della medesima città  ed infine la data della preparazione. La tradizione della preparazione pubblica della teriaca non fu diffusa solo in Italia, ma anche in Francia. Infatti, gli spezieri di Montpellier, Lione e Parigi abitualmente confezionavano il rimedio nelle pubbliche piazze alla presenza del Luogotenente del Re, dei magistrati e di tutto il corpo dei medici . Prima delle operazioni pubbliche si esponevano le vipere e le altre sostanze e ciò avveniva per tutti e sessantasei gli ingredienti. Accanto all'esposizione degli elementi principali erano posti gli eleganti vasi di conservazione e i recipienti ordinari per la preparazione. In Germania, la preparazione pubblica iniziò con l'anno 1594 e la cerimonia solenne avvenne a Norimberga il 9 Novembre, dello stesso anno, alla presenza dei membri del Senato cittadino. Il secolo in cui la Teriaca ebbe il più grande sviluppo, fu il XVII. Già  con la fine del XVI tutti i più grandi spezieri iniziarono la diffusione dell'uso del preparato illustrando, nelle loro opere scientifiche, le proprietà  delle materie prime, i metodi di preparazione, le disposizioni di conservazione, la descrizione dei vasi in cui era riposto e i benefici del medicamento. Fra queste opere la più fortunata fu quella di Bartolomeo Maranta intitolata Della Theriaca et del Mithridato. Nel trattato il Maranta affrontò, in forma enciclopedica, tutto quanto occorreva per descrivere il preparato e, alle lunghe pagine di descrizione d'ogni componente, e delle qualità  che doveva avere, aggiunse le minuziose descrizioni delle procedure di preparazione affermando che se il preparato non avesse avuto l'efficacia voluta essa dipendeva solo da un errore del preparatore o del medico. All'opera dell'insigne speziere napoletano seguirono quelle dei maestri spezieri francesi Laurent Castelan di Montpellier, del farmacopeo regio parigino Moyse Charas che compose un Trattato sulla Teriaca di fama mondiale, di Boest e Jussieu di Lione. Durante tutto il 1600, il maggior apprezzamento rimase in ogni caso indirizzato alla Teriaca italiana ed in particolare a quella veneziana. I fabbricanti veneziani seppero sfruttare tale nomea e delle loro preparazioni fecero pubblicità  in ogni lingua vincendo la concorrenza anche degli agguerriti preparatori francesi. Verso la fine del secolo, gli spezieri italiani e francesi si trovarono a lottare contro i ciarlatani che falsificavano, le formule originali del rimedio, con materie prime sospette. Non era più sufficiente la preparazione pubblica per vincere il fenomeno e così la Facoltà  di Medicina di Parigi, nel 1683, emise un decreto per mantenere e conservare la sovranità  e la purezza originale della Teriaca. Il decreto assomigliava ad una certificazione d'origine che avrebbe dovuto garantire la qualità  dei preparati e la serietà  dei preparatori. La fondazione della Società della Teriaca a Parigi nel XVIII secolo. Il 20 giugno del 1730 l'Assemblea Generale della Compagnia degli Spezieri di Parigi decise di procedere ad una preparazione pubblica, di una confezione di Teriaca, prima della fine dell'anno. La delibera, che prevedeva la cooperazione di soli spezieri volontari, fu indirettamente la nascita della Società  della Teriaca. La Società  ebbe subito molte iscrizioni fra cui professori in farmacia e medici che acquisirono l'autorizzazione a preparare in pubblico il contravveleno. Nel 1763 la Società  annoverava 24 iscritti che operavano sia nella preparazione sia nella distribuzione di Teriaca antica i cui proventi erano poi suddivisi. Nel 1781 una delibera del Collegio dei farmacisti Parigini rifonderà  una nuova Società  della Teriaca per la quale fu previsto un nuovo Statuto. La nuova Società  recuperava quanto prodotto dalla vecchia che registrava un magazzino di 2880 libbre di Teriaca antica equiparabili, in termini economici, ad una fortuna di oggi. La composizione e le varianti della Teriaca. La formula primitiva della Teriaca d'Andromaco lentamente si modificò nel corso delle epoche. Ciò dipese da più fattori, ma il più significante fu quello determinato dall'impossibilità  di recupero di tutti gli ingredienti originali che era rappresentato da un numero elevato di semplici. Theriaca Andromachi Recipe. Trochiscorum scilliticorum Viperinorum Hedichroi Radicum gentianae Acori veri Meu athamantici Valerianae Nardi celtica Piperis longi Chamaepythios Opii Coma Hyperici Iridis florentia Seminum ameos Thlaspeos Anisi Seseleos massiliensis Cardamomi minoris Rosarum rubrarum Malabathri Succi glycyrrhisa Comae polii montani Seminis buniados (Semi Napo dolce) Chamoedryos Scordii Carpobalsami Opobalzami vel succedanei olei nucis moschatae Succi hypocistidis Acacia vera Cinnamomi Gummi arabici Agarici Styracis calamitae Nardi indicae Terra lemniae Dictamni cretici Chacitidis veri Radici pentaphylli,Zingiberis,Costi,Rhapontici Sagapeni Prassi albi Radicis aristolochia tenuis Stoechadis arabica Comae centaurii minoris Schananthi Seminis dauci cretici Seminis petroselini macedonici Opopanacis Calamintae montana Galbani puri Cassia lignea Bituminis judaici Croci Castorei Piperis albi nigri Mellis optimi despumati & cocti Myrrha trogloditicae Vini generosi Olibani Terebinthina chiae Amomi racemosi Fiat antidotum Il Quercetano elenca, nel Cap.XXIII della sua Farmacopea Riformata (1655), sei Teriache che nei tempi più antichi erano preparate dai più noti medici e spezieri sia arabi che latini.Fra queste cita quella di Oribasio, di Democrato, di Esdra, di Diatessaron, di Peonia e di Terra sigillata. Egli stesso inventò la Teriaca dei poveri che possedeva un numero di ingredienti molto inferiore all'originale e soprattutto non conteneva la carne di vipera. L'impulso che portò gli spezieri, a ricercare nuove ricette per l'elettuario principe, fu la convinzione che l'assemblaggio di un numero elevato di semplici non poteva donare virtù specifiche per più malattie, ma addirittura affievolire l'azione benefica dei componenti "togliendosi spazio l'uno con l'altro". Nicolo Lemery chimico e farmacopeo del re di Francia Luigi XIV nella sua "Pharmacopée Universelle" del 1698 riportò una ricetta di Teriaca riformata ove appariva un numero di semplici ampiamente ridotto e alcuni componenti del tutto eliminati (Trocisci Hedicroi). Il chimico affermò che la triaca, così preparata, aveva le medesime virtù dell'originale ed avrebbe avuto maggior forza. Accanto citò la Teriaca di Diatessaron che confermava essere la teriaca dei poveri. La parola diatessaron significava composto di quattro dragme volendo sottolineare che si poteva prepararla in poco tempo. In diverse farmacopee, fra i preparati triacali, fu citato un antidoto chiamato Orvietano considerato un potente rimedio contro la peste, le febbri maligne e acute, il morso delle bestie velenose, le petecchie del vaiolo e del morbillo. Il nome sembra che derivi dal suo inventore nativo di Orvieto. Gio Battista Capello, speziale all'insegna de' Tre Monti in Campo S.Apollinare a Venezia, nel suo Lessico Farmaceutico-chimico (1751), riporta una ricetta di Orvietano chiamato di Charas e asserisce che l'antidoto non ha proprietà  vomitive come quello propagandato dai ciarlatani e "gente di tal sorta", ma che si deve considerare "per lo vero e famoso Orvietano". I ciarlatani asserivano che i veleni dovevano essere allontanati dal corpo mediante il vomito così ai loro rimedi aggiungevano colcotar di vetriolo (solfato di ferro) o vetro di antimonio (ossisolfuro di antimonio) le cui proprietà  vomitive erano note. L'ultimo contravveleno da citare fra gli elettuari teriacali rimane il Mitridato usato dal grande Re Mitridate VI Eupatore. La ricetta dell'antidoto, secondo Bartolomeo Maranta, è quella trascritta, in versi iambici, da Democrate, e le preparazioni effettuate nelle spezierie di Napoli comprendevano in numero e quantità  gli ingredienti riportati nel poema. In realtà  la preparazione del Mitridato ha sempre subito un'ampia variazione. L'antidoto non fu mai composto con i medesimi ingredienti e proporzioni. Questa variabilità  fu la "deplorabile disgrazia" del medicamento che aveva per migliaia di volte permesso al Re del Ponto di sperimentarne le "maraviglie". Il Mitridato, o Mitridatis theriaca come lo chiamava Galeno, era un medicamento composto o elettuario. Il nome, secondo la tradizione, fu ideato da Crateva medico di Mitridate VI Eupatore Re del Ponto (100-63) che lo usò come antidoto fino ad assuefarsi a tutti i veleni. Quando le legioni romane di Pompeo vinsero il suo esercito, il Re, decidendo di darsi la morte per non cadere nelle loro mani, non potè usare il veleno, ma dovette ricorrere alla spada. Mitridate "trasse dall'elsa della spada un potente veleno che bevutolo inseme con due figliole, Nicia e Mitridatia, che seco erano, non puote morire, ne gli fece nocumento alcuno, per essere egli assuefatto lungamente al rimedio di questo suo contaveleno. Et gli fu forza volendo uscire di vita farsi ammazzare da Bithio suo soldato. Il che non avvenne alle due giovani che prive erano di una tanta sicurezza però che essendo il veleno maligno e pernitioso troppo ne caderono subito morte". Pompeo venuto a conoscenza del fatto cercò fra i bottini di guerra la ricetta del Mitridate e trovò "forcieretti pieni di prove, di commenti e descrizioni dell'antidoto i quali fece poi trasferire in lingua latina da Leuco suo liberto huomo eccellente in Grammatica". La ricetta del suo antidoto si diffuse in tal modo tra i Romani. L'antidoto originale conteneva una sessantina di ingredienti e successivamente parecchi autori vi introdussero modifiche; la formula di Mitridate fu sempre ritenuta la migliore. L'Antidotario romano riporta la ricetta con oltre 50 ingredienti; secondo il Ricettario fiorentino è composto da 42 ingredienti. Galeno afferma che gli antidoti sono molto più efficaci se presi per preservarsi (come fece Mitridate) e questo concetto sembra ripreso dal Muratori che nel "Governo della peste" nomina fra i preservativi il Mitridato minore e aggiunge che Carlo V salvò dal contagio con questo stimatissimo rimedio l'esercito suo. Tra i rimedi efficaci "in tempo di pestilenza" ricavati dal Codice di Mariano di ser Jacopo nel sec. XIV la Teriaca ed il Mitridato figurano ai primi posti "da consumarsi due o tre volte la settimana col corpo digiuno".

Note dell'Autore

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